Abbiamo già affrontato altre volte sul nostro blog il tema legato alle relazioni e al mondo della Rete. Entriamo allora nel significato della social dipendenza, e del ruolo che giocano i social nella popolazione giovanile soprattutto fra gli adolescenti e i giovani specie nel campo amoroso. A vacanze iniziate, con l’estate, la voglia di libertà e divertimento anche gli amori fanno capolino. Amori o presunti affetti. Perché presunti? Ce lo spiega Achille Ferrari, amico di Faedesfa No-Profit, psicologo e psicoterapeuta rodigino.

Partiamo da un esempio di vita, pratico. Giovanna (nome fittizio) una ragazza di 20 anni, studentessa universitaria convinta dai genitori a venirmi a trovare mi diceva, mostrandomi Instagram: “Questo ragazzo spagnolo mi ama!“. Io le chiedevo come facesse a saperlo. La sua risposta: “Perché mi segue“. Ed io replicavo “Ma solo lui ti segue?”. E lei: “No anche altri.. ma lui ho capito che mi segue in modo particolare, gli  piaccio molto!”. Le chiesi quanto tempo trascorre su Instagram. “Sempre! Lì ho le mie amicizie , lì sono apprezzata.. nel mio paese neanche mi badano. Voglio andare in Spagna, lì si sta bene, lì non sarò giudicata, troverò  un lavoro, sarà tutta un’altra cosa” mi rispose Giovanna. L’idea della fuga l’ho incontrata in molte ragazzi e ragazze.

La mamma di Giovanna mi raccontava che ormai non scendeva dalla sua stanza neppure a pranzo. Prendeva qualcosa e se lo portava in stanza, all’Università non faceva esami da un anno. Una delle prime volte in cui ci siamo visti mi ha detto: “Il mondo reale per me è quello di Instagram, per noi giovani la vita si svolge lì, voi adulti non potete capire!“. Quando parlava degli amici, delle amiche, quando raccontava di cose che erano successe o alle quali doveva partecipare il suo linguaggio era plausibile i suoi riferimenti sembravano realistici, sembrava avere i miei stessi riferimenti culturali, invece se i “significanti” erano i medesimi i significati cambiavano completamente perché i riferimenti contestuali erano totalmente diversi: tutto era filtrato e vissuto attraverso i social. Quando si concretizzava l’incontro con i ragazzi, ma era raro, la relazione, sembrava, da come era riferita da Giovanna, molto povera, stereotipata e come riferimento aveva il mondo comune dei social, non la conoscenza personale. Ad ogni modo per Giovanna gli incontri nella realtà erano rari solitamente se poteva li evitava accuratamente perché fonte di angoscia, e quindi destabilizzanti.

Insomma ogni rapporto con la realtà metteva a rischio di frustrazione grande o piccola che fosse e lei questo non lo voleva, perché fonte d’angoscia. Come è evidente in Giovanna si era strutturata l’idea che una persona che si realizza non deve subire frustrazioni di nessun tipo e lei si era inventata un mondo, permesso sì dalla sua mente, ma aiutata dai social. Ora è senz’altro vero che questo esempio può essere considerato estremo, ma fino a che punto? Non sto demonizzando la rete le interconnessioni sto dicendo il pericolo che un minore può incorrere nel non sapere usare in maniera critica questo strumento potentissimo.

Entriamo nel vivo della teoria e dei dati che spiegano con grande attualità queste dinamiche. Scrivono Simone Cosimi e Alberto Rossetti su “Nasci Cresci e Posta” – edito da Città Nuova 2017 – ”Tante persone, [mettono] in mostra le parti più interessanti del proprio essere. Attraverso i Social Media si può avere l’illusione di conoscersi meglio. L’identità di ciascuna persona, infatti si costituisce a partire da numerose e differenti immagini”. E ancora i due esperti scrivono: “I social media potendo aggregare le diverse particolarità di una persona all’interno di un unico profilo, riescono a mettere in risalto alcune caratteristiche dell’identità. La componente social, ovvero il fatto che un profilo stia in relazione ad altri profili, restituisce un’immagine dinamica in movimento, in divenire e per questo ancor più credibile”.

Questo mondo che si viene a creare, alternativo al mondo reale, questo mondo che chiamiamo virtuale, in molte occasioni diventa un mondo distopico per l’adolescente che lo frequenta. Parlare di frequentazione credo sia un termine limitativo per la comprensione, possiamo parlare in molte occasioni di “mondo abitato” dall’adolescente. Chi abita questo mondo? Non la maggioranza degli adolescenti. Questa per lo più lo usa, ma sa distinguere il reale dal virtuale. Nei soggetti fragili, spaventati dal mondo per i motivi più diversi, questo mondo diventa il loro mondo quasi esclusivo. Allora tutto diventa molto pericoloso, perché la ragazzina adolescente non vuol sentirsi “meno bella”, vuol sentirsi riconosciuta, a volte, proprio perché inibita, vuol rappresentarsi sessualmente disinibita.

Il ragazzino e poi il giovane si rappresenta, si attribuisce ruoli comportamenti mai vissuti ma solo visti o letti o addirittura immaginati. E queste diventano le loro narrazioni sui vari social, rappresentando l’immagine di solito stereotipata, poco originale di quello che vorrebbero essere. Ecco quel racconto a volte può diventare la condanna di quel ragazzo/a. Condanna perché il desiderato, agli occhi dell’interessato-interessata può diventare reale. Se poi quei racconti ottengono il consenso attraverso i like, allora quel luogo, Instagram solitamente, ma anche altri, diventa luogo d’elezione della propria esistenza. Quel luogo prevede regole proprie, un linguaggio proprio, e soprattutto una morale propria. Essere dentro quel mondo significa quindi riconoscere le regole di quel mondo, essere rifiutati o accettati da quel mondo è sentirsi di funzionare o non funzionare. L’adolescente per sua natura contesta “le regole del padre”: è il momento in cui scopre un proprio modo originale unico di interpretare la realtà, se questo desiderio di originalità si scontra con le proprie inibizioni e quindi paure e queste hanno il sopravvento. L’adolescente andrà alla ricerca di percorsi più facili più accessibili per lui ed ecco che i social diventano scorciatoie che inizialmente possono avere una funzione liberatoria, purtroppo, possono diventare trappole mortali, ed ad ogni modo se i social sono vissuti come realtà alternativa saranno sempre fonte di forte alienazione che impediranno uno sviluppo armonico della personalità comportando una distorsione della realtà rappresentata.